27/11: Franco Berlanda, “Grigia”

Franco Berlanda, “Grigia” (Trento 1921), architetto, sottotenente di complemento, all’armistizio riesce a sottrarsi alla cattura dell’intera divisione cuneense schierata nella provincia di Bolzano, raggiungendo la Svizzera. Rientra nell’agosto del 1944. A Cogne è tra i promotori del Comando unifocato della VdA., responsabile dei servizi di collegamento, preparazione e funzionamento dell’emittente radiofonica. Dopo il ritiro in Francia rifiuta l’arruolamento nelle truppe francesi e insieme a Ugo Pecchioli organizza i collegamenti e i rifornimenti alle bande partigiane delle valli di Lanzo. Viene quindi nominato capo di stato maggiore del raggruppamento delle divisioni Garibaldi delle Valli di Lanzo e Canavese. Protagonista della liberazione di Cuorgné, è presente alla liberazione di Torino. Vive a Torino.

10172801_766929263377323_1723498377103071426_n1507707_766928603377389_998773854701925432_n10440928_766928580044058_7445430855780673523_n

26/11: Giulio Dolchi “Dudo”

Giulio Dolchi”Dudo” – questo era il suo nome di battaglia durante la Resistenza, ma l’avrebbe conservato anche dopo, per gli amici – era figlio di Eugenia Martinet e di Luigi Dolchi, un ufficiale degli Alpini che, per non aderire all’esercito repubblichino, fece due anni di prigionia in Germania. Dopo l’8 settembre del 1943, come partigiano entrò nel 13° Gruppo, che prese poi il nome ” E. Chanoux”, comandato da Silvio Gracchini e, successivamente, nella banda “Arturo Verraz” operante in Valle di Cogne al comando di Giuseppe Cavagnet. Nella fase finale della lotta antifascista, Dolchi operò in Francia come comandante di una squadra partigiana collaborando regolarmente alle trasmissioni radio clandestine. Iscritto al PCI dal 1944, subito dopo la Liberazione dette vita alla sezione valdostana dell’ANPI. Nel 1948 fondò il giornale Le Travail . Dal 1954 al 1966 fu sindaco di Aosta. Nel 1968 “Dudo” , eletto in Consiglio regionale , vi resterà per cinque legislature: 24 anni nei quali, a più riprese, ricoprì la carica di Presidente del Consiglio della Valle. Dolchi è stato anche dirigente della Lega dei Comuni democratici, della Federazione mondiale delle città gemellate.

1484582_766388980098018_8353183563914433808_n

25/11: Da “La Resistenza a Cogne”, di G.E. Tedeschi

“Quando finalmente lascio il mio rifugio è l’ora di pranzo, le strade sono deserte, ma ci sono due donne a pochi metri dalla porta; dovrò semplicemente seguirle a qualche distanza…fino a un sentiero dove mi lasciano con le ultime istruzioni. Il mio prossimo appuntamento è a Aymavilles, dove incontrerò la corriera diretta per Cogne(…) perché anche questo fa parte del quadro, il regolare servizio di corriere tra la valle occupata dai tedeschi e quella di Cogne, in mano ai partigiani. Tra le due c’è un bel pezzo di terra di nessuno, poi si arriva al posto di blocco, c’è una quantità di ragazzi variamente affaccendati, il primo che vedo e ricordo è Dudo, Giulio Dolchi, con un berrettino rotondo e i calzoni corti. (…)(E.Gentili Tedeschi dal racconto “La resistenza a Cogne”)

FOTO: il castello di Aymavilles, banda a Fenis

1513183_766015593468690_1176554794369706594_n

10455669_766015686802014_6721849030998779316_n

24/11: Testimonianza di Emilio Bertello

“Hanno piazzato la mitragliatrice, poi un gruppo è venuto avanti, sul sentiero. Dal colle alla casa ci saranno 150-200metri…In quel momento il cuoco metteva su la marmitta. La guardia era già smontata, perché era già giorno. Giorno completo… Questo qui va giù con la marmitta a prendere acqua. Allora questi gli fanno pss pss, lo chiamano. Questo qui riesce a scappare. Gli sparano dietro…Immediatamente noi saltiamo giù. Si buttano giù in mezzo alla neve dal colle. Allora guardiamo giù e vediamo un’altra colonna che sale e in quel momento lì comminciano a sparare i mortai…E i io mi ricordo che ero fuori e Gaddo mi dice: “Sono ferito”(…) “Ma è grave?” gli ho detto. “No, no…” ha detto.” (testimonianza di Emilio Bertello)

10171791_764920400244876_6707413478303159263_n

1979742_764920423578207_1214556416191123153_n

23/11: Da “Gaddo e gli altri ‘svizzeri’, storie della resistenza in valle d’Aosta “

Il 21 febbraio 1945 durante un attacco tedesco alla Morgnetta, nell’alta valle Clavalité, morirono cinque partigiani della Brigata Garibaldi Emile Lexert. Valerio Betti (Aquila), Mirko Cerise (Mirko) Giuseppina Gechele (Maria) Mario Caiazzo, (Dottore) e Gianfranco Sarfatti (Gaddo) avevano trovato rifugio a La Morgnetta, un luogo isolato e in cui c’era una casa di caccia del barone Bec Pecoz.

Gianfranco Sarfatti, “Gaddo”, nato a Firenze il 12 aprile del 1922, ad appena sedici anni viene espulso, perché ebreo, da tutte le scuole del Regno.
Il 1943 ’adesione al Pci, … nel febbraio del 1944 la fuga in Svizzera con i genitori, il 5 aprile i tre varcano la rete che delimita la neutralità elvetica.
“Li accompagno in Svizzera e rientro subito”, aveva detto agli amici partendo; ma la cosa non è così semplice( …)Giunto a Losanna ,poco dopo il trasferimento di Giorgio Elter, Gianfranco Scarfatti viene incaricato dal partito di riprendere il suo lavoro di organizzazione e di educazione dei giovani militari rifugiatisi in Svizzera, e quello di attivista comunista all’interno dell’associazione studentesca “Corda Fratres”.
in luglio, grazie all’iniziativa di due giovani comunisti, viene stabilito un primo contatto Cogne-Losanna, e in agosto quando Nello Corti ed Ugo Pecchioli tornano clandestini nella Confederazione per dare il via alla complessa operazione, Gianfranco Sarfatti viene inserito dai suoi dirigenti (Luigi Zuccoli e Giulio Seniga) nel primo gruppo destinato a passare il confine. Rimane a Cogne come Commissario politico fino a ottobre quando si trasferisce a Fenis. Passerà un inverno durissimo, tra il 44 e il 45 in una baita a 1800 metri sopra Fenis, (La Morgnetta) dove morirà in combattimento il 21 febbraio del 1945, a seguito di una delazione.
(“Gaddo e gli altri “svizzeri”, storie della resistenza in valle d’aosta “- di Michele Sarfatti , a cura dell’Istituto Storico della resistenza della Valle d’Aosta)

10359215_764685836934999_1252263687676050652_n

21/11: Fine

La cronaca della Repubblica di Cogne si conclude qui.
Tracceremo ancora qualche breve biografia, qualche spezzone di memoria, di chi vi prese parte. Solo di una piccola parte di loro, poiché la maggior parte dei partigiani di Cogne è rimasta in silenzio, dopo quell’esperienza, riprendendo la vita normale, quasi sempre senza nemmeno partecipare agli annuali incontri del 25 aprile o alle commemorazioni organizzate dall’ANPI; parlando di quello straordinario periodo soltanto in famiglia.
La maggior parte di loro non ci sono più, ormai, per ragioni anagrafiche e noi abbiamo sperato che questa pagina raggiungesse i loro famigliari, per poter colmare almeno in parte le lacune della ricostruzione biografica dei protagonisti eroici dell’estate/autunno 1944. Ci contiamo ancora.
Forse faremo in seguito un uso ancora diverso di questa pagina, nel solco dell’informazione, tracciato dalla Radio della Repubblica di Cogne, da cui ogni giorno Dudo annunciava: Allò Allò, ici val d’Aoste libre. Puisque nous puissions dire, demain, notre parole….

 

22/11: Eugenio G. Tedeschi

da: “Voci della resistenza ebraica italiana” – di A.Chiappano – ed. Le Chateau:

Eugenio G. Tedeschi nasce a Torino nel 1916, si laurea in architettura ed entra, a Milano, nello studio di Gio Ponti. Dopo l’8 settembre si rifugia a La Salle con i genitori. Viene arrestato e rimane in carcere ad Aosta dal 13 giugno al 17 luglio 1944; dopo la scarcerazione entra, a Cogne, nella banda Arturo Verraz.Nome di barraglia “Galera”. Dopo la battaglia del 2 novembre, ripara in Francia con il gruppo capitanato da Plik (duecento persone, di cui 130 partigiani). Si sposa nel 1947 con Isolda Felici. E’ stato architetto e prof ordinario al Politecnico di Milano. E’ morto nel 2005.
Il volume citato contiene tre suoi racconti sull’esperienza della Repubblica di Cogne.

10801911_764269576976625_447466787960345873_n

20/11: Saluto di Rigoni Stern ai Partigiani

sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme. Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Resistenza sempre.

Vostro Mario Rigoni Stern Mira (Venezia)
20 gennaio 2007

17/11: L’ospizio

….all’Ospizio siamo rimasti cinque giorni e io avrei tanto voluto rimanere lì per sempre, perché era caldo, si mangiava, c’erano quei bei letti, ogni giorno arrivavano i partigiani dell’albergo Italia…. Fuori continuava a soffiare la tormenta…C’erano con noi il notaio Oliietti e Duc che raccontava storielle…Una volta padre Manna, con cui avevamo fatto amicizia, mi aveva portata nel coro della chiesa a vedere una loro cerimonia religiosa
. Ero lì nascosta in alto e ancora ho negli occhi quello spettacolo bellissimo: i frati erano vestiti di rosso e facevano dei movimenti che parevano coreografati…. C’era da visitare la Morgue, ma io non ci sono andata, è andato Piero e mi ha raccontato di tutte quelle mummie in fila. Poi è arrivato il sole e i frati sciavano e sciavano così bene come avevo visto solo un mese prima a Colonna. Piero ha sciato con loro. Non c’era più la tormenta e bisognava ripartire.(O.Elter op.cit)